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DETTAGLIO NEWS
 
29/06/2012 22:57:32 - Regate oceaniche: per avere uno sponsor bisogna raccontare balle
 
Prendetevi dieci minuti di pausa e leggete questo racconto assolutamente reale, ironico, spontaneo, appassionato e anche polemico di Vittorio Malingri, grande velista italiano, sul mondo delle regate oceaniche. Vittorio vuota il sacco e dice tutto quello che pensa: dalla poca considerazione riservata ai marinai italiani alle polemiche di chi vince perché ha più soldi degli altri. Ne vale sicuramente la pena.


PREMESSA

Vittorio Malingri è un figlio d'arte. Suo padre Franco e suo zio Doi sono stati gli apripista della vela oceanica italiana, che lo stesso Vittorio, diventando il primo italiano a partecipare alla Vendée Globe Challenge del 1992 (il giro del mondo in solitario senza scalo) ha contribuito in maniera determinante a rilanciare negli anni Novanta e Duemila. Ha partecipato a tutte le regate oceaniche in solitario e in doppio negli anni in cui questa attività era al massimo, come numero e livello di partecipanti. Quando nei giorni prima della partenza di un giro del mondo o di una transoceanica le barche erano ormeggiate nei porti di Plymouth, Southamptom, Le Havre o La Rochelle in quarta fila e l'ultimo dei concorrenti poteva vantare già 50.000 miglia sul groppone. Oggi Vittorio Malingri ha 51 anni e vive felice in barca, con la quale naviga per il mondo e in Mediterraneo con la sua compagna e i suoi figli, insegnando agli altri a navigare. Continua a pensare e a sognare a qualche nuova impresa e a qualche nuovo record e continua a seguire le regate oceaniche che spesso sono raccontate male, raccontate con omissioni di dati, creando falsi miti. Il tutto per far contento uno sponsor o per trovarne un altro. Le regate oceaniche di oggi hanno spesso pochi concorrenti (sei barche alla Volvo Ocean Race, nove alla recente Two Star, sei partite e quattro arrivate alla Global Ocean Race) e si fa fatica a capire chi abbia compiuto o meno un'impresa sportiva. Questo è il punto di vista di Vittorio Malingri scritto con la sincerità che lo contraddistingue, con quella purezza e passione che forse in carriera lo ha anche fregato quando magari sarebbe stato (per altri) meglio prostituirsi per trovare i soldi per una barca nuova. Quello che trovate scritto qui sotto da Vittorio Malingri lo abbiamo trovato nella nostra "cassetta della posta" questa mattina; non gliel'avevamo chiesto, ma siamo onorati del fatto che abbia pensato a noi per esternare a voi il suo pensiero. Grazie Vittorio, la parola a te.


"Navigare e vincere" o "rubare la palla ai bambini e comunicare"?

"Giovanni Soldini vince la Ostar", diceva allora la pagina di pubblicità sui maggiori quotidiani nazionali. Io c'ero (era il 1996) e ricordo bene che il secondo 50 piedi classificato era praticamente la barca da crociera di un amatore. Quello che vinse veramente la Ostar fu il francese Loick Peyron, con il primo trimarano a tagliare la linea del traguardo, arrivato praticamente una settimana prima di tutti. Ma l'ufficio stampa di Giovanni non poté farsi sfuggire l'occasione. Per me "ha rubato la palla ai bambini nella sua classe"; non ha vinto la Ostar, benché il valore del marinaio ci fosse, infatti mise dietro la metà dei 60 piedi. Poi, abbiamo visto negli anni che non era una bufala, anche se al precedente BOC (il giro del mondo in solitario) l'australiano David Adams lo aveva fatto nero. Ma bisogna mangiare un po' di fango per farsi una solida esperienza.

"Mura e Apolloni vincono la Twostar", dice oggi il comunicato del loro sito. Loro hanno un 50 piedi, ma chi è il secondo?
Un Class 40 sfigatissimo e vecchio "Roaring Forties". Hanno vinto la Twostar con il 50 piedi peggiore attualmente in mare, una barca nata male, progettata senza esperienza in merito e messa a posto negli anni con tanto lavoro e dedizione. Per me, Mura e Apolloni, sono stati bravi e, soprattutto, si sono divertiti e hanno fatto esperienza. Chi deteneva il record? Cherburg Tecnologie, un vecchio 60 piedi, praticamente un dinosauro della classe. Ma sono stati bravi perché il loro tempo è di molto inferiore.

Jean Pierre Dick (Giampiero Cazzò, con l'accento perché è francese) con i due bellissimi 60 piedi che gli ha comperato il papi, ha vinto con Peyron a bordo un giro del mondo, ma mai niente da solo. Beh sì, ammetto che un po' ce l'ho con lui, perché a un certo momento si mise in testa di comperare il 60 piedi Fila di Giovanni. Il Giò, che non è famoso per spendere e spandere, invece di pagargli un taxi, ha mandato Valentina (la mia ragazza di allora e adesso mia compagna e madre della mia ultima figlia che non ne vuole sapere niente di mollare ed è per questo che mi si vede poco in giro) a prenderlo in motorino. Insomma, Jean Pierre Cazzò si è seduto dietro e? allungava le mani il porco!

Caterine Chabaud, idem. Ha vinto solo in coppia con il mitico (e antipaticissimo) Lionel Lemonchois, uno dei marinai più bravi al mondo.

Dunque: pubblico e appassionati di regate oceaniche, imparate a fare la tara alle notizie. Non solo nelle notizie che riguardano la politica, i governi e nelle foto photoshoppate di presunte bellezze si nascondono fregature a tutto spiano, ma anche nel nostro mondo.

E le domande sono: 1) Ma noi, come facciamo a sapere chi è veramente capace di andare in barca? 2) Questi skipper, sarebbero altrettanto capaci di vincere correndo ad armi pari? Non lo sapremo mai.

"Nannini secondo alla Global Ocean Race". Questo qui, invece, non ha vinto. E' arrivato secondo al giro del mondo per Class 40, un po' più che una traversata atlantica. Secondo me il più bravo di tutti è lui: si è battuto a barca pari (tutti Class 40), ma non ad armi pari perché, come il sottoscritto in tutta la vita agonistica, non aveva neanche una frazione del budget degli altri. Hanno perso, invece, gli organizzatori della regata, sia in comunicazione sia in "razzismo". Infatti, aprendo il sito ufficiale della regata, si vedono 5 foto che appaiono in sequenza: la premiazione dei primi anglo/nordici (doverosa), la premiazione dei terzi anglo/nordici (c'è una bionda a bordo), la coppa del nonno agli ultimi anglo/nordici (politically correct), una foto delle coppe sul tavolo (boooh?), infine una del vincitore con gli organizzatori (brutti tutti e tre e anglo nordici). Di Nannini e i suoi valorosissimi compagni neanche l'ombra. Il messaggio è molto chiaro: "Questo è quello di cui vogliamo parlare e fare vedere".

Anche io e il Giò, alla prima transatlantica in doppio Jaques Vabre sul trimarano, mentre eravamo secondi e stavamo appiccicati al culo di Michel Desyoayeaux e ci davamo il bel nostro da fare per tenere dietro Peyron, abbiamo vissuto una situazione simile. Tommy, uno della sporca mezza dozzina (come si era autobattezzato lo shore team del trimarano), mentre guidava dalla Francia verso casa ascoltava la radio: "Primo Desjoyeaux, terzo Peyron, segue?", diceva lo speaker. E gli schifosissimi secondi italiani?! Tranquillo Nannini, glielo dico io per te: "Ma vaffa... lo! "

Io un giorno mi sono disegnato e costruito un 60 piedi, bruttino e più lento di un 50 piedi dell'epoca e, soprattutto, anche io con l'aiuto del papi (ci siamo indebitati fino al collo). Sono andato giù al porto di Les Sables d'Olonne per la partenza della Vendé Globe Challenge (nel 1992) e c'erano delle barche molto colorate, con dei tipi tutti affaccendati attorno. "Come ti chiami? ", ho chiesto al primo. "Poupon", dice lui, un tipo strano dalla faccia simpatica. "E tu, spilungone, come ti chiami? ", faccio a quello vicino. "Parlier", fa lui in una specie di lingua extraterrestre. "E te, nanetto, come fai di cognome? ", faccio a uno che puzzava ancora di pesce, essendo figlio di un pescatore. "Alain Gautier, al tuo servizio", un tipo veramente gentile. "E tu, barbuto, non fare finta di niente! Non è perché hai una barca stretta che devi fare il prezioso. Sputa il nome! ". "Jean Luc van Den Heede, e se non stai attento mi faccio tua moglie! ", mi fa lui. "Potrebbe anche starci" (non bisogna mai farsi impressionare). Infine c'era uno con i capelli corti, tutto schizzato, una moto impressionante, la moglie bionda e la barca verde, che porta pure sfiga. No... non la moglie bionda. "Sono Loick Peyron, ho due fratelli che navigano", dice lui. "Anche io ho due fratelli che navigano, ma la moto è più piccola della tua", gli rispondo. Poi proseguo rivolto a tutti. "Ragazzi, mi chiamo Ugo e sono venuto qui per spaccarvi il culo, ma prima facciamoci due birre. Offro io che ho meno soldi di tutti! E te, Barbuto, smettila di guardare mia moglie! ".

Un paio di anni dopo, e questo invece è tutto vero (anche molto di quello che ho appena scritto lo è), all'arrivo della Ostar del 1996, in cui sono arrivato terzo dopo che li ho fatti sputare sangue per tutto il nord Atlantico, sono venuti a dire a me e al mio amico Giovanni: "Certo che voi due, da un secondo dopo la partenza vi siete messi subito a correre e vi abbiamo dovuto inseguire per tutta la regata".

Quel giorno ho capito che ero un marinaio. E non me lo ha detto il mio ufficio stampa, me l'hanno detto i miei amici, i più bravi marinai del mondo dell'epoca, dopo che mi hanno corso dietro per tutto l'Atlantico. E questa è una storia vera, chiedetelo a loro.

Perché bisogna raccontare un sacco di balle? Per trovare uno sponsor. E un'altra cosa come le concessioni delle spiagge; nel mondo succede solo in Italia.
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